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      Non è stato mai paese per me, nè io per lui (se è lecito appiccicare a un luogo il pronome destinato alla persona, perchè con voi altri, o rigoristi o no, vacci scalzo). . . . . (Non continua.)
      75.
      Al Professore. . . . . . .
      Stimatissimo Signor Professore.
      Mi dicono che Ella parla vantaggiosamente di me, ed io a dirgliela coi modi schietti del cuore e della lingua, me ne tengo come d'un fiore all'orecchio; ma avverta bene che le sue lodi, avendo grandissimo valore, potrebbero riuscir troppo grave carico per le mie spalle, deboli per sostenere un'approvazione di tanto peso.
      Per mostrarle in qualche modo la mia gratitudine, la prego ad accettare questo ghiribizzo, scritto per dare un po' la baia a questi filosofi umanitari, i quali battendo la comoda campagna delle generalità si provano ad imporne alla vana moltitudine col vaniloquio delle loro aeree dottrine.
      Quando ogni nazione fosse padrona in casa sua, si potrebbe cominciare a parlare di fratellanza universale; ma fino a tanto che ci stanno sul collo certi miei buoni padroni nati in Barberia, io nell'alzarmi e nel tornare a letto continuerò a brontolare invece del pater noster questi due proverbi toscani:
      Tre fratelli, tre castelli.
      Ognun per sè e Dio per tutti.
      Passi sopra al tuono burlesco, e mi conservi la sua benevolenza.
      76.
      A Dario Bastianelli.
      Mio caro Dario.
      La tua lettera ha tutta l'aria di una predica: prima cerca di conciliare l'animo, poi raccomanda l'elemosina, minacciando in caso di rifiuto, come suol fare il popolo napoletano con San Gennaro.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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