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      La pensai molti mesi, e alla fine ne feci il primo getto a Fiesole, nel maggio passato, ed č quella che t'ha detto Bista Giorgini. Appena finita d'abbozzare, mi venne fatto una certa Canzone a Dante, che mi distolse da quella e m'esaurė le poche forze che m'aveva date la primavera, perchč anch'io sono a stagioni. Da quel tempo in poi mi par d'essere come fiaccato e non mi sono ancora sentito risorgere il bisogno di fare un verso, cosa che m'uggisce dimolto, perchč oramai non provo altro diletto pių vero e pių vivo. Avrei bisogno di scuotermi, di mutar paese, di vedere cose nuove e genti nuove. Non ho nulla che mi leghi fortemente nč qui nč altrove, ma sono un po' irresoluto di natura, e poi non ho tutta quella libertā di fare a modo mio. Mio padre č uscito poco dal Vicariato e mai dai felicissimi Stati, e per lui passare i confini e spiantarsi č tutt'una, tanta č la paura che s'č messa della spesa d'un viaggio anco facendo a miccino. Io che gli ho infinite obbligazioni, non lo voglio spaventare parlando di passaporti, tanto pių che egli, conoscendo l'indole mia, e sapendo che molti e forse anco troppi la conoscono come lui, starebbe in pena per me, e sognerebbe ogni notte artigli ducali, reali o papali, che mi ghermissero.
      Passando alle lodi che mi dai d'accordo con altri, ti confesso che mi fanno molto piacere, ma nello stesso tempo mi tengo in guardia contro di voi e contro di me, per non prenderle troppo alla lettera. Spero di poter riuscire a qualcosa, ma mi fido di me fino a un certo segno, sapendo come sto dentro, e che razza di testa balzana mi tocca a portar sulle spalle.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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