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      Chi ha fame non perde il tempo a scegliere, ma si butta sul primo pane che trova; e poi chi è povero, non abbia superbia. Allontanate da voi quella misera boria, vera idropisia del cervello, di credervi qualcosa più degli altri, per tre lettere dell'alfabeto che vi sieno rimaste nella testa. Se voi avete ingegno, un altro avrà salute; voi nel conversare metterete in commercio la vostra dottrina, un altro vi mette la sua allegria: chi credete che abbia a rifarsi? D'un dotto tisico e d'un ciuco sano, si fa un uomo intero. Via dunque codesta timidezza da fanciullo; sfrancatevi, fate quello che fanno tutti gli altri, dal saltare infuori. Vi tocco su questo tasto, perchè so che non vi siete spregiudicato sul vostro difetto; ma santo Dio, per una gamba un po' più corta, vorrete scorciarvi anco la vita? Così trovassero una gruccia quelli che hanno zoppo il cervello! Se avete diritta la testa, ringraziate la natura che v'ha compensato largamente. Chi vi vedrà andare lesto e spedito colla mente, non vi guarderà i piedi; e chi appetto a voi si troverà indietro negli studi, non si vanterà dicerto di vincervi alla corsa, e quando se ne vanti, ridete.
      Andate liberamente da Montanelli, ditegli che vi ci mando io; e se volete, fategli vedere questa parte della lettera. Scriverò a Giorgini, ma Giorgini non credo che tenga conversazione. Vi sarebbe Conticini, ma siccome ha la moglie bella, non voglio entrare in pasticci nè con voi nè con lui. Ho scherzato. Addio.
      83.
      A Giovanni . . . . .
      Monsummano, 6 marzo 1842.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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