Per me la parola deve dar luce da tutte le parti come il diamante: e quella che stringe più cose in una, credo che sia sempre da preferirsi, purchè i significati che abbraccia non divergano dal subietto. È vero che a volte serro il nodo un po' troppo: e come il cigno di Venosa, anch'ioBrevis esse laboro, obscurus fio,
direbbe un cappellano che scrivesse in bernesco. Ma che vuoi? s'è chiacchierato tanto e poi tanto, che oramai è meglio moltiplicare in pensieri che in parole, a costo di farsi buttar via da chi legge dopo desinare. E poi senti, o le cose ci sono o non ci sono: se non ci sono, non ce le metteresti, quando durassi un anno a chiacchierare; se ci sono, qualcuno le troverà anco a non chiacchierare, e mi saprà grado d'avercele sapute ficcare. Voglio però che tutti tengano per certo, che io non cerco di nascondermi apposta, per farmi maraviglioso nelle tenebre; anzi, se fosse possibile, vorrei dire tutto ciò che mi par necessario in una lingua da serve, contento d'essere scacciato dal branco di que' chiarissimi che mirando allo scelto, e mettendo il Galateo anco nelle lettere, spesso si fanno belli delle tenebre. Questi sono i veri Bramini; che quando passano, vogliono che il popolo rinculi da loro a trenta passi di distanza: io eleggo però d'essere piuttosto soffocato dalla folla, non per vanagloria ma per amore del paese e dei paesani.
Di tuo carattere non vedo nella lettera che la firma sola: questo vuol dire che non stai benissimo d'occhi, o che hai messo su segretario.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Venosa Galateo Bramini
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