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      Le lettere come le scienze, figlie dell'umana civiltà, debbono servire ai progressi della civiltà; e facendo il contrario son matricide. Mi dispiace che queste parole son parecchie, e la fronte limitata di que' tali non le può contenere, che altrimenti le vorrei fare imprimere col bollo nella zucca a tutti i laidi mestieranti della baraonda scientifica e letteraria. Bravo Celso! Gridi almeno chi può e chi sa e non dissimula di sapere e di potere; perchè oggi c'è anco questa peste, che i leoni s'ostinano a belare. Dirò una bestialità, ma per me l'ingegno lo danno gli studi, la felice disposizione degli organi; il genio lo dà la coscienza: vai un po' a dirlo a chi non l'ha.
      Fra poco ci rivedremo: ti prego intanto d'averti riguardo, e di conservarti ai tuoi e agli amici. Addio.
      90.
      Al Prof. Giuseppe Vaselli, Siena.147
      Firenze, 30 maggio 1842.
      Mio caro Beppe.
      Avresti non una ma duemila ragioni di pigliarla con me per questo silenzio lungo, imperdonabile, d'un anno intero intero: scrivo poco e di radissimo a tutti, anco a quelli di casa mia, non peraltro che per la gran poltronaggine che ho di scriver lettere, nel tempo che insudicio tanta carta in buscherate. Abbi pazienza, Beppe mio: sai che amicizia suona indulgenza, tolleranza, pazienza, anzi in fondo non è altro che un composto di queste belle e rare virtù. Non mi sei uscito mai dalla mente, credilo, e mi ricordo sempre delle tue mille garbatezze, delle tue parole, della tua grande bontà, come mi ricordo di Siena, della bellissima Siena, nella quale vorrei poter trattenermi a lungo per veder tutto, per saziarmi di tutto.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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