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      Credo che fosse più atto alla storia che al dramma, più filosofo che poeta, e non intendo di dire che poesia e filosofia debbano o possano andare disgiunte. Per quel poco che ho potuto vedere o rammentarmi di lui, mi par di poter dire (senza nuocergli dal lato del cuore che era buonissimo), la mente essere il suo forte. Ma posso ingannarmi, molto più che non ho veduti gli scritti lasciati dopo morto. Credo inoltre che almeno nei primi anni gli nuocesse il consiglio di certi cervelli aereostatici dai quali poi si staccò. Gli studi sul Vico, e un certo non so che di vago e d'indefinito che troverai in certi suoi scritti, sono il frutto dei consigli che ti diceva. Forse studiò troppo i libri quand'era tempo di studiare la vita; pensò quando bisognava sentire. Ma chi può leggere nei penetrali del cuore? Chi mi dice che non fosse tutto il contrario? Io che non mi raccapezzo sul conto mio, come vuoi che presuma di ritrovarmi nell'indagine dell'indole altrui? In ogni modo era tale da piangerne la perdita . . . . . Addio.
      97.
      A Gaetano Castiglia.
      Firenze, . . . agosto 1842.
      Mio caro Castiglia.
      Abbi pazienza, ho avute tante cose per la testa, sono stato così poco bene, che non ho potuto preparare quella cosa per Manzoni. So dall'altro canto che tu hai una copia della Raccolta data alla Farinola, e quella può bastare per ora a scaricarmi dal peso di molti spropositi buttati sulle mie povere spalle da tanti copisti. Dirai a Manzoni che io lo ringrazio vivamente della benevolenza che ha per me, che la sua approvazione mi dà coraggio, e che i suoi consigli potrebbero illuminarmi.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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