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      Non conosco Grossi, ma spero che non ricuserà un saluto da parte mia, specialmente se glielo porti tu.
      Domenica scorsa scansai la bara per miracolo. Passando davanti al palazzo Garzoni, mi s'avventò un gatto al quale non avevo fatto nè buone nè cattive grazie. Mi graffiò e mi morse senza intaccarmi la pelle, bensì mi lasciò nella gamba sinistra l'impronta dei denti. Se stringeva un poco di più o se io ero meno lesto a scuoterlo da me, addio roba mia. A dirtela, ebbi una paura del diavolo, non lì nel momento, ma dopo, e per l'impressione ricevuta, e a quello che poteva accadere, perchè m'accertai che era idrofobo . . . . (Non continua.)
      98.
      Alla Marchesa Luisa D'Azeglio.
      Gentilissima Marchesa.
      Vedo bene che dureremo poco a scriverci, perchè io essendomi condotto fino a qui sano e salvo attraverso a un mare di lusinghe, non vorrei perdere la tramontana a questi lumi di luna, molto più che non so tapparmi gli orecchi colla cera, nè ho chi mi leghi a un palo, come dicono che si facesse fare Ulisse, per istar duro al canto delle Sirene. Vede fin dove le donne possono fare andare il cervello: ho cominciata la lettera come un secentista. Davvero, appena letta la sua lettera, mi s'è messa di qua la Superbia e di là la Modestia, e prendendomi una per un braccio e una per un altro, hanno fatto un gran pezzo a tira tira. Finalmente quest'ultima, lasciando che l'altra si sfogasse a darmi delli strattoni, mi s'è piegata all'orecchio, e m'ha detto: Lo vedi? queste signore trattano teco come si fa colle bestie innocue, cioè si lasciano andare a farti festa e a carezzarti giusto appunto perchè non ti temono.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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