Per tutto il tempo che egli sarà ammalato, non potrò riprendere il mio solito modo di vivere, perchè oramai ho stabilito di non abbandonarlo un momento. Dica pure il Tassinari che lo fo per quei pochi: io lo lascerò dire e riderò, perchè da un tempo a questa parte, provati i morsi della malignità e della trullaggine, tiro a vivere a conto mio senza curarmi delle osservazioni che potessero essermi trinciate addosso, o dai beati innocenti, come sarebbe il nostro venerabile padre Giulebbe, o dagl'innocenti dannati, sul gusto del bilioso solitario di Poggio Bertini, che vuol fare l'uomo guasto senza essersi saputo neppur guastare: e difatti ha addentato parecchi, e nessuno è rimasto idrofobo. Spero però di trovare un ritaglio di tempo per voialtri tutti, che siete i miei più cari amici, e dai quali non mi dividerò, sebbene non vi sia da sperarne nessun legato.
Ho inteso tutto sul conto di Memo: ma quanto m'affliggerei per lui se fosse vero ciò che suppongono coloro, che nelle cose di questo mondo non sanno o non vogliono andare più là della buccia, altrettanto mi compiaccio di vedere che tu, giovinetto di sentimenti schietti e delicati, non ti lasci svolgere dall'apparenza, e fai onore all'amico d'una interpretazione più amorevole. Gigi mio, lascia pensare a male a certuni che nel malignare cercano un miserabile sollievo alla perfidia o alla noia che li divora. Chi ha un animo buono, spande a larga mano questo tesoro intimo e ne fa parte a tutti, sentendo che di questa prodigalità non si può impoverire.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Tassinari Giulebbe Poggio Bertini Memo
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