Per ora non ho altro da dirti, anzi mi pare d'aver passata la linea: vada per quando ti scriverò una letterina fredda e secca, come l'invito a un pranzo; dato per far vedere l'apparecchio. Addio.
105.
A Domenico Giusti.
Firenze, . . . 1843.
Caro Babbo.
Il zio sta sempre al solito, ma, come le dissi la volta passata, si consuma un giorno più dell'altro.
Io non credo punto che abbia disposto in favor mio, anzi ho ragione di creder che abbia pensato a lasciare qualcosa alla donna, e che del resto abbia lasciato andare le cose pel suo verso. Se avesse fatto così sarebbe meglio per tutti i conti. In ogni caso le sue cose le ha fatte sei o sette anni sono, di sua piena e spontanea volontà. A me ha già regalato un astuccio, e mi destinava altre cose, ma il male gli ha impedito di manifestare la sua volontà. Di questo non m'importa, perchè non sono stato mai d'intorno a nessuno per strappare, e perchè ho 34 anni. Se non ho imparato a far di meno del superfluo ora, non so quando imparerei; e poi la ricchezza sulla quale io conto, e che nessuno mi può nè scemare nè accrescere, è quella della mia coscienza, e anco di quel poco d'ingegno che m'è toccato. In tutte le vicende avrò sempre un sicuro rifugio in me stesso, e questo è il sommo dei beni; nè ho imparato a dirlo dai libri, ma l'ho sentito e lo sento nell'animo fermo e immutabile.
Quando questo pover uomo avrà chiusi gli occhi, io penserò a prendere uno stato, perchè l'esempio suo m'ha fatto sentire tutto il peso di quella maledizione della Scrittura: Guai al solo!
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Domenico Giusti Babbo Scrittura Guai
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