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      Non ho nulla in vista per ora, e non farei un passo senza seria considerazione, ma in ogni modo voglio farmi una famiglia, e saprò farmela.
      106.
      A Giuseppe Vaselli.
      Firenze, 5 maggio 1843.
      Beppe mio.
      Debbo ringraziarti delle attenzioni che usasti a mia madre, e avrei potuto farlo a voce pochi giorni dopo, se la disgrazia del mio povero zio non m'avesse costretto a rinunziare al viaggio di Roma e di Napoli. Mia madre ripassò da Siena venti giorni dopo, e non ti fece cercare per timore d'incomodarti. Io la rimproverai dicendole, che teco poteva fare come con me, e aggiunsi che se tu l'avessi saputo ne saresti rimasto dispiacente.
      Sono due mesi e mezzo che sto ad assistere alla lenta ed inevitabile distruzione d'un uomo che ho riguardato sempre come un altro padre, e che per tanti lati consuonava coll'animo mio. Metti insieme infinito ingegno naturale, un senso rettissimo in tutte le cose, una franchezza, un'esperienza di mondo senza danno del cuore, somma bontà, un carattere sempre fermo, sempre uguale e sempre pieno di brio, e avrai l'immagine del mio carissimo zio Giovacchino. Dio volesse che come ho vissuto sempre d'accordo con lui, così potessi somigliarlo! Ah! la perdita d'un essere simile, non può essere compensata da nulla sulla terra; ed io la vedo vicina,151 e non ho coraggio nè di sperare, nè di finire di sgomentarmi. Ha sofferto pene d'inferno fino a qui; ora è quieto, ma oh disgraziato! è la quiete del sepolcro. Vedi, è di là che dorme, ed io ne sento il respiro grave, lento e profondo, e con che cuore, pensalo.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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