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      In ogni modo non sarò costà tanto presto che il desiderio non mi dinanzi, avendo in codesta città i miei amici più chiari, e il pascolo più confacente all'animo mio: qua vegeto, costà vivo, e tu sai se amo più di vivere o di vegetare.
      Se questa lettera ti trova a Firenze, e se hai un momento per rispondermi, dammi, ti prego, le nuove del caro marchese Gino che non ho da molto tempo, e delle quali sto in continua bramosia. Vorrei vederlo contento, e con esso contenti tutti noi che lo conosciamo e gli siamo affezionati.
      112.
      A Carlo Bastianelli.
      Firenze, 2 agosto 1843.
      Caro Carlo.
      Eccoti la macchinetta per la zia: in tutto costa sei paoli.
      I versi messi nella Strenna riescono oscuri per colpa mia che non ho saputo esprimere più chiaramente cose recondite di per sè stesse e sentite da pochi. Dal tedio del presente, dall'impazienza dell'avvenire, dall'immaginare cose sempre più perfette delle cose vedute, dedurre l'esistenza d'un principio immortale e d'una vita non peritura, è argomento più che poetico; ma difficilissimo a trattare in prosa non che in versi, e molto più che non tutti mirano allo stesso punto, e i pochi che pure vi tengono l'occhio, ve lo tengono in un modo tutto particolare alla loro maniera d'essere. Io fui il primo a dire che quei versi non erano nè maturi, nè da pubblicarsi in quel modo, ma vollero fare di testa, ed io ne pago le pene. V'è stato però chi gli ha intesi da cima a fondo; ma non mi basta, perchè se m'avessero lasciato fare gli avrebbero intesi tutti, o quasi tutti.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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