Solamente mi doleva dei miei, e a questo non aveva come resistere: eppure (vedi in che mani si depongono talvolta i tesori dell'animo nostro) un giorno che palesava a un tale questa mia apprensione, a riguardo di mio padre e di mia madre, — Che ti pensi? mi disse: quando il morto è in bara tutti fanno a un modo. Per carità seguitiamo a fare da galantuomini noi; e se le cose ci vanno male, soffriamo più che si può: quando non se ne potrà più, la natura ci assisterà riposandoci per sempre.
Ho passato l'ottobre e una parte del novembre quassù a Monte Catini, unico paese che riconosca per mio; doman l'altro sarò tornato a Pescia e non punto volentieri. Se mi domandi la ragione, non ti saprei rispondere; so che quassù mi par d'essere a casa mia, e altrove un uccello sulla frasca. Per cacciare la malinconia, e un principio di mal di fegato, ho ripreso a andare a cavallo: il cavallo ne sa poco, io meno, ma facciamo a compatirci, e fin qui siamo tornati a casa sani, e d'amore e d'accordo. Una volta ero buon cavallerizzo o almeno passabile, ma ho fatta la stivaleria di stare dieci o undici anni senza assaggiare la sella. Giro per questi poggi, fo una visita a tutti questi paesetti, e passo il tempo un po' svagatamente, ma non inutilmente affatto. Celso Marzucchi fu quassù, e mi disse che non aveva potuto vederti a Siena, ma che aveva saputo che stavi bene assai, e che avevi teco Cecco Orlandini. Ci leveremo mai la voglia di starcene un po' tra noi tre? Credo che un po' più, un po' meno, tutti lo abbiamo sognato: vediamo se il sogno si può verificare.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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