I Poerio m'hanno colmato di cortesi accoglienze, e mi hanno fatto conoscere persone distintissime per ogni riguardo. Questo è un paese che ha in sè molto del buono e molto del cattivo: non so da che lato pieghi la bilancia, ma in ogni modo ci vedo e ci sento un che di grande e di fecondo. Solamente mi duole di ravvisare anco qua quel certo guardarsi di traverso, anco tra persone della stessa opinione, che nuoce tanto al nostro paese e che tanto addolora tutti quelli che l'amano davvero. I vecchi non fidano nei giovani, i giovani nei vecchi: questi sono accusati di lentezza, quelli di troppa precipitazione. Io tiro a interrogare tutti di tutto, e ne ricavo sempre più la conferma di quell'antica, amara verità, che non c'intendiamo. Io che sono stato sempre più amico del senno che delle furie civili, non le dirò con quanta reverenza ascolti le parole di certuni e con quanto fastidio le chiacchiere di certun'altro. Anco qua corre quell'uso pessimo di chiamare paura la prudenza e coraggio l'audacia; che del rimanente bisogna compatirli perchè le piaghe sono fresche e le passioni focose e presenti . . . . . .
137.
Ad Andrea Francioni.
Napoli, 28 febbraio 1844.
Caro Drea.
Dissi di scriverti e mantengo la promessa, ma sarò breve perchè il tempo mi basta appena per vedere le cose principali. Dei governi non ti dirò nulla perchè, pochi giorni non bastano a scrutarli intus et in cute, specialmente a chi non ha avuto mai le mani in pasta; e poi in paesi di ladri bisogna aver l'occhio ai bauli: dunque acqua in bocca.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Poerio Andrea Francioni Drea
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