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      Non vorrei che le ragioni della nostra dottrina nuocessero alle ragioni dei nostri interessi attuali, e che non si procedesse troppo nell'applicazione del passato al presente. Per questo anco lo studio dei classici va fatto con giudizio, rammentandosi sempre chi erano essi e chi siamo noi . . . . . . (Non continua.)
      140.
      Ad Andrea Maffei.
      Aprile, 1844.
      Caro signor Maffei.
      Per mantenere le promesse fatte a Emilio Frullani e a lei, avevo destinato per la sua Strenna una certa composizione di genere veramente un poco aereo, ma dettata dal cuore e soprattutto cosa sine qua non da stamparsi con licenza dei superiori. Una signora che l'aveva inserita in uno di quei soliti elegantissimi ma uggiosissimi Album, ha creduto di poterne a suo modo disporre, e l'ha fatto con quella disinvoltura che queste care creature mettono nei rapporti che hanno con noi, chiamandoci poi prepotenti, tiranni, indiscreti a tutto pasto. Che vuole che le dicessi? Ho piegata la testa senza chiederle neppure un compenso, temendo che un'altra volta non facesse peggio. Perchè sebbene ora il Metastasio non sia più in voga, le nostre dolci speranze hanno proprio il sugo di quell'adagio famosoSiete serve, ma regnate
      Nella vostra servitù.
      Per me in fondo non sarebbe nulla; ma ora se volessi sodisfare all'obbligo contratto mi troverei imbrogliato, perchè avendo scritto sempre scacciando dal tavolino il fantasma della censura, non ho nulla che possa passar liscio di sotto le forbici d'un birro o di un prete. M'abbia per iscusato, direbbe uno scrittore di lettere da stamparsi e da servir di modello, m'abbia per iscusato; e se una volta o l'altra la malinconia o il male di nervi mi farà scrivere qualche verso d'amore e che non vi sia del contrabbando, glielo manderò per le Strenne che sono di là da venire; a lei in particolare sarei pronto a cedere tutti i miei scartafacci dei quali faccio e non faccio conto secondo la luna, sentendomi ora buono a qualcosa, ora buono a nulla, come credo che accada a tutti.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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