Lo stesso sia detto delle altre composizioni: quando se n'è offerta l'occasione ho fatto vedere quanto s'ingannano quelli che le appiccicano alle spalle di questo o di quello. Ma un'altra disgrazia mia è, che molte delle cose che girano sotto il mio nome, come il Picciotto, le Croci del 42, il Creatore e il suo mondo, e molte altre di questa fatta, non m'appartengono nè punto nè poco, e del veleno di queste che per l'appunto non sono altro che satire personali, io non istò mallevadore. Qui non scappa fuori sonetto, epigramma o filastrocca di versi ragliati addosso al tale o al tal altro, che non l'appioppino subito a me; così, mi si cacciano sotto la pelle e di lì appinzano alla chetichella; io poi rimango nelle peste e son la pietra dello scandalo. Ecco la ragione che mi spinse nel giugno passato a mandare in giro la nota e la fede di nascita dei miei figliuoli legittimi. La Marchesa d'Azeglio deve averla, e io prego VS. di farsela dare, chè le sarà una prova del mio modo di sentire. Mi preme di sdebitarmi al cospetto di tutti di questa taccia vergognosa, molto più al cospetto di lei che amo e onoro tanto. Ma il guaio non finisce qui. Se da una parte bisogna che io sia grato al pubblico, dall'altra ho ragione di lamentarmi forte per via di certuni, che oltre a strapparmi dolorosamente questi poveri ragazzi, oltre al mescolarmeli col bastardume, me gli ribattezzano a capriccio, dimodochè, poveretti, portano il peso dell'odiosità che non hanno provocata. Intitolai un altro Polimetro sul gusto della Scritta, Vestizione dell'abito cavalleresco, e poco dopo lo vidi girare intitolato non so da quale scimunito al Giuntini.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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