151.
Gentilissimo signore.
Per darle coraggio a proseguire nei suoi tentativi, bastava il parere del signor Dionigi Strocchi; ma poichè Ella ha voluto sentire anche il mio, mi gode l'animo di poterle dire che trovo nel suo Scherzo una buonissima disposizione a quel genere di poesia. Vi sono parecchie strofe che io vorrei vedere un po' meglio tornite e appuntate, ma il componimento per essere una prima prova mi pare anche troppo. Prosegua arditamente, e se crede a me, sia libero amico del vero e degli uomini, e poi la canti chiara e tonda a tutti e non serva mai nessuno; si fondi sui Classici senza i quali e fuori dei quali non v'è salute, e lasci dir chi dice. Sarei lietissimo se mi fosse dato di vedere qualcuno che portasse lo Scherzo sino a quel grado di perfezione quale non ho potuto portarlo io. E non dico ciò per umiltà da prefazione, ma perchè io stesso avrei tentato di spingermi qualche scalino più su se i tempi e la salute non mi si fossero attraversati.
Voglio profittare della fiducia che mi dimostra per darle un avvertimento. Lo scrittore dee avere principii fermi e scopo certo, ma non deve essere settario, seppure non voglia abbassarsi alla vilissima condizione di adulatore.
Iliacos intra muros peccatur et extra;
spero che ci siamo intesi.
152.
Al Marchese Gino Capponi.
Livorno, 25 agosto 1844.
Mio caro Marchese.
Vi mando pochi versi fatti pubblicare qui in Livorno per avere qualcosa da fare, e per risentirmi contro una certa ruberia che a quest'ora dovete sapere. Era da prevedersi, ma come ripararvi con tanti sopraccapi e colla salute che mi ha tenuto e mi tiene nel Limbo?
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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