Soprattutto poi bisogna guardarci dal lasciare il cuore freddo e inerte, ricusandogli una parte del suo alimento, come fanno molti per vana paura di mostrarsi o deboli o sventurati. Una certa selvatichezza che molti hanno presa per modo di fare, oltre a non essere da uomini, mi pare che uccida un giorno pił dell'altro la cortesia, la dolcezza dei costumi, e quella cara benevolenza che nasce dal ricambio degli affetti gentili. Le donne soprattutto, hanno bisogno di vederci disposti sempre ad amarle e ad onorarle convenientemente; e guai a chi pone in un canto questa parte tanto malmenata e tanto necessaria del genere umano. A poco a poco veggo la donna ridotta a vile strumento di piaceri bassi e fugaci, ovvero a un idolo muto, solitario, senza tempio e senza culto. E me ne duole per esse e per noi, perchč in fondo siamo una cosa stessa, nč l'uno puņ dispregiare l'altro senza uccidere o almeno senza fare gravissimo torto a sč medesimo. Quando la mano di Dio trasse la donna dal costato dell'uomo, credo che volesse farci intendere di crearla regina degli affetti. Conserviamole questo regno e paghiamole il tributo impostoci dalla natura.
155.
Al Marchese Gino Capponi.
Mio caro Gino.
Ho pregato Vieusseux di salutarvi, poi chiusa la lettera non ho potuto fare a meno di scrivere anco a voi. Č tanto tempo che viviamo lontani ed č tanta l'amicizia che ho per voi, che mi meraviglio come il solo desiderio di rivedervi non m'abbia fatto dare una corsa costą. Attribuitelo alla dura necessitą di provvedere alla salute, non per lo scopo di prolungare la vita, ma per non vivere inutilmente.
| |
Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
|
|
Dio Marchese Gino Capponi Gino Vieusseux
|