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158.
A Giuseppe Giusti.
Palermo, 8 ottobre 1844.
Carissimo Giusti.
Figuratevi che la vostra lettera d'aprile m'è arrivata ora! È adunque inutile che mi scusi del non avervi risposto, ed inutilissimo poi che vi dica quanto m'è rincresciuto non aver prima quel vostro foglio tanto amorevole per me. Dio sa che giro ha fatto! sapevo già per altra via i vostri dispiaceri, ed il guaio del gatto, che per fortuna non è tra i possibili che abbia cattive conseguenze. Ma sempre, capisco, dev'essere stato un rimescolo sul primo, finchè non siete stato certo della cosa come stava. Basta, non ci pensiamo più, e ringraziamo Dio che sia andata così. Ho avute poi ora le vostre nuove più particolarmente passando per Livorno, ed ho inteso con piacere che i vostri incomodi vanno svanendo. Per amor d'Iddio, abbiatevi cura e state in gamba, chè abbiam bisogno di voi in Italia, e siamo così indiscreti che quel che avete fatto non ci basta, e vogliamo altro. A Livorno mi sono stati recitati brani di cose che non conoscevo. Vorrei che fossero stati presenti Manzoni e Grossi; so io che gusto ci avrebbero avuto. Ammiratori più caldi di loro non gli avete davvero, e Manzoni specialmente sa a mente mezze le cose vostre. Già non c'è pericolo che v'insuperbiate; chè l'insuperbirsi è per altri cervelli che stanno tre miglia sotto il vostro.
Se volete sapere quel che fo io, posso rispondervi: poco, e poco di buono. Vo lavoricchiando alla Lega Lombarda: ella è quadro così vasto, epoca così poco conosciuta e conoscibile, che non so davvero che cosa n'uscirà. Male che vada, c'è sempre il rimedio di non stamparla, e dichiarare il fiasco, come si dichiara un fallimento, quando non si può fare altrimenti.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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