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      (Non continua.)
      161.
      Al Marchese Gino Capponi.
      Colle, 16 ottobre 1844.
      Mio caro Gino.
      Quella seconda edizione m'ha tolto il gusto della prima, molto più che mi s'è dato il caso d'aprire la lettera per ordine di data, come se fossi stato indovino. Oramai metterò anco questa perdita nel numero delle tante che ho dovuto soffrire in quest'anno, e non vi sto a dire quanto accarezzavo dentro di me il piacere d'arrivarvi addosso a un tratto là in quella beata solitudine di Varramista. Dacchè vi conosco, ho anteposta sempre la vostra carissima compagnia a quella d'ogni altro; e se non fosse stato il timore di distrarvi dalle vostre occupazioni, avrei ronzato di continuo intorno al vostro uscio, come avevano cominciato a fare in illo tempore certi santi dei quali abbiamo riso più volte, e che pover'a noi se dovremo asciugarceli vicini nell'eterna beatitudine. E tanto più sento il desiderio d'essere a consigliarmi con voi, ora che nel risorgere della salute, mi son cominciate a formicolare nella testa certe fantasie di nuovo conio, fantasie che sto in dubbio se debba abbandonarmici o scacciarle come deliri di convalescente. Se fosse destinato che io potessi giungere a incarnarle a dovere, direi che tutto il male non viene per nuocere, e benedirei tanti altri dolori che m'hanno ripurgato e ritemperato. Non vi dico altro, per paura che m'abbiate a credere più malato di prima; ma se tanto mi da tanto, sarete il primo a saperlo. Vi dirò solamente che non mi son trovato mai a tanta prontezza di fantasia a immaginare, e a tanta repugnanza di fibra a eseguire; e questa diseguaglianza è la pena peggiore che io provi in questo momento.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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