Addio. Ho empita la carta senza fatica, cosa nuova.
163.
Al dottor Volpi.
Mio caro Volpi.
Ricevei l'involto che mi spediste e subito messi in opera i rimedi che mi prescriveste.
Da un tempo in qua vado soggetto a dei colpi di malinconia che mi s'attraversano come un lampo e mi fanno sentire un consumo e uno sgomento indicibile. Mi pare che tutto mi si oscuri e mi cada d'intorno: la mente si riporta alle cose e alle persone più care, e temo d'averle a perdere, di non rivederle mai più e di trovarmi solo sulla terra.
. . . . . . . Finchè non torno sano,
Mi sono scritto addosso il Posa-Piano.
164.
A . . . . . Melchiorri.
Mio caro Melchiorri.
Ebbi la vostra lettera da Orazio Nucci, e subito gli feci consegnare il libro per passarlo a quel vostro parente che non ho potuto conoscere, perchè ora sono in campagna a respirare aria più libera. Veramente avrei dovuto scrivervi il primo, ma sono stato così male in questi giorni passati, che appena ho potuto pensare alle cose più necessarie. Non crediate però che io mi sia dimenticato le tante garbatezze che mi avete usate a Roma, e la pazienza e la briga che vi prendeste di condurmi qua e là a vedere le maraviglie di cotesta città. È una gran fortuna per uno che venga costà, trovare un uomo come voi che gli si presti con tanta cortesia, e che in poche ore gli risparmi la fatica di più giorni e di più settimane. Io compiango quelli che l'hanno a fare coi Ciceroni e coi servitori di piazza, gente ciarlona, ignorante che vi vende lucciole per lanterne anche a chi vorrebbe vederci chiaro.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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