Tornai a patire le solite pene infernali e dovetti tornarmene a Pescia per disperato e proprio in un monte. Vi giuro che questo dover tornare daccapo ogni mese, è una tiritera da mettere a repentaglio non solamente la pazienza di Giobbe, che in fondo bestemmiò e si sfogò la parte sua, ma anco quella di Socrate che per esercitarsi teneva per la casa un demonio di moglie, e finì per bevere il veleno, facendone quasi un brindisi agli Dei e a chi gliel aveva ordinato. In pochi giorni mi son ridotto come una lanterna, e per poco che mi corra la mano sulle costole, me le trovo distinte come una tastiera. Questi miei paesani che tendono al grasso e che mi hanno veduto dei loro per molti anni, non vi so dire come spalancano gli occhi sopra quest'osso ambulante. Le donne poi, è una vera miseria a vedere le maraviglie che ne fanno e sentire le congetture che ne tirano. Ed io, povero scheletro, passo a cranio basso tra le ammirazioni e i commenti di queste antropofaghe, e mando dal profondo della testa un'occhiata più d'invidia che di desiderio, sopra certe ricchezze che fanno risaltare doppiamente la mia povertà. Taluna che mi ha conosciuto in tempi più grassi, mi ferma, e dopo una lunga elegia sulle cose passate, finisce col dirmi: Eh, io spero che presto ritornerete in carne come prima; — ma io tiro a darmi per fallito, e l'esorto a non fare i conti avanti l'oste. Credereste che taluni ne hanno goduto, e dei miei dolori di corpo se ne sono fatti buonissima digestione? Un prete disse: Eh! ci si vede la mano d'Iddio; — un altro: Dài oggi, dài domani, alla fine si scontano, e una le paga tutte.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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