— Io ci rido di cuore, ma pagherei non so quanto a sapere il concetto che si fanno i preti della mano di Dio e il vero significato di quel dài oggi, dài domani, perchè io non so d'avere mai dato tanto da ridurmi sulle tigne. Vedete un po' quando uno è condannato a dare spettacolo di sè! Da giovinetto mi guardavano dietro per il chiasso e per le scapataggini che facevo; da giovane, per quelle quattro buffonate in versi; ora da arrembato, per la pelle doventata cartapecora; sarei curioso di vedere cosa mi accaderà da morto. E notate bene che io, sebbene abbia finito per buttarmi nella folla e nel bailamme, in fondo ho desiderato sempre di nascondermi e di vivere a me, non come un gufaccio spettinato, ma come un uomo che ama la sua pace e non sa e non vuole ubriacarsi a questi fumi ai quali tanti e tanti slargano le narici. Da qui innanzi la cosa anderà diversamente, e se posso ottenere di rimpannucciarmi davvero, ho fissato di far punto coi rumori e colla scena, e di passare il tempo un po' più a conto mio. Tant'è vero, che ho già detto addio a Firenze, e stamattina m'è cominciato a venire una parte della roba che ho là, libri, fogli e almanacchi d'ogni genere. E non è stato un frullone di malinconia, sapete, che mi ha fatto prendere questa risoluzione, ma il desiderio e il bisogno che ho di calmarmi e di starmene tranquillo. Qui mi sono scelto un quartierino a mezzogiorno, comodo, modesto come sono io adesso, e soprattutto quieto più di un refettorio di Frati alla minestra. Qui potrò dare sfogo alle pazzie che mi rimangono tuttavia nella testa, senza che mi si attraversi la voglia d'andare a un ballo, o a dare il buon giorno delle due pomeridiane a una signora, che a quell'ora essendo provvista, non vorrà essere in casa per me.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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Dio Firenze Frati
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