Se non fossi quella testa disordinata che sono, e se avessi tenuto esatto conto delle cose notate, a quest'ora avrei un diluvio di scartafacci, da passare per il numero uno dei cercatori e degli sgobboni. Dal naufragio di tanta carta, s'è salvata una raccolta di proverbi presi dalla viva voce del popolo (avvertite bene, veri proverbi, cioè sentenze e non modi proverbiali), che ascenderanno a duemila sei o settecento. M'era saltato il grillo di pubblicarli, poi mi ritenne la poca maturità del lavoro, tanto più che tra i mille ve n'è uno che dice: A far le corbellerie siam sempre a tempo; e quest'altro non meno calzante: Quel che non è stato può essere. Tornando al nostro proposito, non vi so dire quanto abbia goduto vedendo che voi pure seguitate più volentieri le tracce della lingua parlata di quelle della lingua dotta. Chi si fa modello unicamente dei libri, è nè più nè meno come uno che pretendesse di doventare sommo pittore su i quadri di grandi artisti senza confrontarli col vero. Perocchè i libri, sapete meglio di me, che non sono altro che l'immagine scritta del loro autore, mentre nella lingua parlata si smarrisce il profilo di questo e di quello in una forma comune nella quale si contengono tutti i caratteri possibili. Quell'esatta regolarità delle scritture grammaticali, riesce freddacome certi visi nei quali non trovate da ridire se non questo che non dicono nulla: e poi come fanno nausea certi tali che discorso facendo parlano in punta di forchetta, così fa cascar le braccia un libro scritto con affettazione di vocaboli e di modi scelti e come dicono pellegrini.
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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416 |
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