Io te lo giuro, vorrei talvolta essere un operaio che lavora a giornata per avere la mattina al risveglio la prospettiva del giorno che viene, per avere un impulso, una speranza. Spesso invidio Alberto che vedo sepolto nelle carte fino agli occhi, e immagino che sarei contento se fossi al suo posto. E già qualche volta sono stato sul punto di scrivere a te e al ministro per sollecitare quel posto all'ambasciata che, a quanto tu mi dici, non mi verrebbe rifiutato. E del resto lo credo anch'io: il ministro mi vuol bene da molto tempo e mi ha detto più volte che dovrei dedicarmi a qualche occupazione; e per un'ora penso anch'io che questo sarebbe bene. Ma quando poi rifletto mi viene in mente la favola del cavallo che, insofferente della sua libertà, si fece mettere sella e briglia, e fu ignominiosamente cavalcato... e non so che cosa devo fare. E del resto, amico mio, questo impulso che mi spinge a cambiare di condizione non è forse un'intima, morbosa impazienza che dovunque mi perseguiterà?
28 agosto.
Certo, se il mio male potesse guarire, questa brava gente lo guarirebbe. Oggi è stato il giorno del mio compleanno, e stamattina all'alba ho ricevuto un pacchettino di Alberto. Aprendolo, ciò che prima d'ogni altra cosa colpì il mio sguardo fu uno dei nastri rosa pallido che Carlotta portava quando io la conobbi, e che da allora parecchie volte le avevo chiesto. C'erano anche due libretti in dodicesimo: il piccolo Omero di Wetstein, un'edizione che avevo spesso desiderato per non dovermi trascinar dietro, passeggiando, quella dell'Ernesti.
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