Mi ha promesso di lasciarmi perfettamente libero e poiché fino a un certo punto c'intendiamo, voglio tentare la fortuna e partire con lui.
Poscritto.
19 aprile.
Grazie per le tue due lettere. Non ti ho risposto perché ho aspettato, per spedire questa mia, che le mie dimissioni fossero accettate dalla corte; temevo che mia madre potesse rivolgersi al ministro e ostacolasse i miei disegni. Ma ormai è finita e ho il mio congedo. Non posso dirvi con quanto rimpianto me lo hanno dato, e quello che mi ha scritto il ministro: prorompereste in nuovi lamenti. Il principe ereditario mi ha mandato una gratificazione di venticinque ducati, accompagnata da parole che mi hanno commosso fino alle lacrime; non ho dunque bisogno del denaro di cui recentemente scrissi a mia madre.
5 maggio.
Domani parto da qui e poiché il mio paese nativo non è che a sei miglia dalla via che dobbiamo percorrere, voglio rivederlo, voglio rivivere gli antichi giorni felici, trascorsi come in sogno. Voglio entrare proprio per quella porta per la quale uscii con mia madre quando, dopo la morte di mio padre, lei abbandonò quel luogo tranquillo e caro per andarsi a rinchiudere nella sua città natale. Addio, Guglielmo, avrai notizie del mio viaggio.
9 maggio.
Mi sono recato alla mia patria con l'animo di chi compie un pellegrinaggio, e sono stato invaso da sentimenti inattesi. Giunto al gran tiglio che si trova presso S. a un quarto d'ora dalla città, feci fermare la carrozza, discesi e mandai avanti il postiglione per assaporare a mio agio, con tutto il cuore, ogni ricordo nella sua vivacità e novità.
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Guglielmo
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