Erano le sei e mezzo quando sentì Werther che saliva la scala, e ben presto riconobbe il suo passo, la sua voce che chiedeva di lei. Per la prima volta, possiamo quasi dire, il cuore le batté forte all'arrivo di lui. Avrebbe voluto non riceverlo, e quando entrò gli disse con un appassionato turbamento: "Non avete tenuto la vostra parola!" - "Non ho promesso nulla", fu la risposta. - "Avreste almeno dovuto aver riguardo alla mia preghiera, replicò lei: ve lo domandavo per la pace mia e vostra".
Lei non sapeva bene quel che diceva, e neppure quel che faceva quando mandò a chiamare qualche amica per non rimanere sola con Werther. Egli posò sulla tavola dei libri che aveva portato, ne chiese altri, mentre Carlotta ora desiderava ora temeva che le amiche venissero. La cameriera tornò e disse che le due amiche chiedevano scusa di non poter venire.
Lei pensò allora di far rimanere la donna con il suo lavoro nella stanza vicina, ma poi cambiò idea. Werther andava su e giù per la stanza, lei si avvicinò al piano, e cominciò un minuetto, che però non gli riusciva. Si calmò intanto, e poté tranquillamente sedere vicino a Werther nel solito posto sul divano.
Non avete niente da leggere?
chiese. Werther non aveva nulla. "Là, nel mio cassetto, riprese Carlotta, c'è la vostra traduzione di alcuni canti di Ossian: non li ho ancora letti, perché speravo sempre di udirli da voi, ma da allora non è mai stato possibile".
Egli sorrise, prese il poema, e un brivido lo scosse quando lo ebbe fra le mani, e gli occhi gli si riempirono di lacrime quando li posò sullo scritto.
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