Lei alzò la voce e chiamò il padre e il fratello: Arindal! Armin! Nessuno viene a salvare Daura?
La sua voce giunse di là dal mare. Arindal, il figlio mio, scendeva dalla collina, carico del bottino di caccia; le frecce gli tintinnavano al fianco, aveva l'arco in mano, cinque cani neri gli erano intorno. Egli vide l'ardito Erath sulla riva, lo prese, lo legò a una quercia, gli cinse i fianchi di solidi lacci, e il prigioniero riempiva l'aria dei suoi lamenti.
Arindal affronta le onde sul suo battello per andare a liberare Daura. Giunse Armac in furore, fece partire la freccia dalle piume grigie, e ti colpì al cuore, Arindal, figlio mio; tu fosti colpito invece di Erath il traditore; la barca raggiunse la roccia; Arindal cadde e morì. Ai suoi piedi scorse il sangue di tuo fratello; quale dolore, o Daura!
Le onde distrussero la barca. Armar si precipitò nel lago, per salvare la sua Daura o morire. Improvvisamente un colpo di vento piombò dalla collina sul lago: Armar andò a fondo e non ritornò a galla, mai più.
Io sentivo il lamento di mia figlia, sola sulla roccia battuta dalle onde. Ripetute e forti erano le sue grida, e io, suo padre, non potevo salvarla. Tutta la notte restai sulla riva; la vedevo ai deboli raggi lunari; tutta la notte sentii i suoi lamenti; forte era il vento, e la pioggia batteva impetuosa i fianchi della montagna. La sua voce diventava più debole, e prima che spuntasse il giorno ella esalò il suo ultimo respiro, come il vento della sera fra l'erba della roccia.
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