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      Carlotta fu colpita come dal fulmine, si alzò vacillando, senza sapere che cosa le accadesse. Lentamente si avvicinò alla parete, prese l'arma, ne tolse la polvere, esitò e avrebbe indugiato ancora a lungo se Alberto non l'avesse scossa con uno sguardo interrogativo. Diede al domestico il funesto ordigno senza poter articolare parola, e appena egli fu uscito, piegò il lavoro e andò nella sua stanza in preda a un'incertezza senza fine. Il suo cuore le faceva presagire tutti gli orrori. Talvolta era sul punto di gettarsi ai piedi del marito e di rivelargli tutto: la storia della sera precedente, la sua colpa e i suoi presentimenti. Ma poi pensava che un simile passo non avrebbe avuto alcun risultato, e che mai lei poteva sperare di indurre il marito a recarsi da Werther. La tavola era già preparata e una buona amica che era venuta soltanto per chiedere qualcosa, che voleva andar via subito... e che restò, rese sopportabile la conversazione durante il pranzo: i commensali si fecero forza, parlarono, raccontarono e si distrassero.
      Il servitore tornò con le pistole da Werther che gliele prese di mano con entusiasmo quando sentì che Carlotta stessa gliele aveva date. Si fece portare pane e vino, disse al domestico di andare a tavola, e si sedette per scrivere.
      Esse sono passate per le tue mani, tu le hai pulite dalla polvere, io le bacio mille volte: tu le hai toccate; e tu, spirito del cielo, favorisci la mia risoluzione! Tu, Carlotta, mi porgi l'arma, tu, dalle cui mani io desideravo ricevere la morte, e oggi ahimè la ricevo.


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I dolori del giovane Werther
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 144

   





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