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      E tu, Silfo, in un bello
      Aerio segno splendi!
      Incubo! Incubo, deh mi porgi aita!
      Entrami in casa e fammela spedita.
      Nessuno dei quattro è nella belva; giacesi immobile, e mi guarda digrignando i denti: non le ho ancora torto un pelo. Or mi udrai scongiurare più forte.
      Sei tu un de' demoni?
      Un disertor del maledetto regno?
      Or mira questo segno,
      Che paventano e inchinanoLe nere legioni.
      Già gonfia tutto, ed ha irti i peli.
      Spirito riprovato,
      Puoi tu la vista affiggereIn questo? Egli è il vivente,
      L'eterno, l'increato,
      Il diffuso per l'etere,
      Quel che spietatamenteFu dall'uom trapassato.
      Riserratosi tra la stufa e il muro egli continua a gonfiare simile a un elefante; già ingombra ogni spazio e si risolverà tosto in nebbia. Oh, non andarmi ad urtare il soffitto! Ponti a' piè del tuo signore; ben tu vedi ch'io non minaccio invano. Or sì ch'io t'abbrutisco col fuoco sacro! Vien qui, dico: non aspettare la rovente, triplice luce; non ch'io faccia la più terribile delle mie arti.
      MEFISTOFELE (mentre la nebbia si dissipa, egli esce di dietro alla stufa nella veste di uno scolastico errante).
      A che tanto fracasso? Che posso fare in vostro servigio?
      FAUST. Ora è dunque il midollo del barbone questo? Uno scolastico errante! Io non so tenermi di ridere a tanta stranezza.
      MEFISTOFELE. Buon dì, mio dotto signore. In mia fé che mi avete fatto sudare.
      FAUST. Come hai tu nome?
      MEFISTOFELE. Simile inchiesta mi par frivola troppo in bocca di un sì gran disprezzatore della parola, - di tale che, rifuggendo dalle apparenze, vuoi sempre penetrare all'occulta essenza delle cose.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Silfo