L'uomo non dimostra la sua natura fuorché in un perpetuo affaccendarsi.
MEFISTOFELE. Né a voi è posto termine alcuno. Piacciavi assaporare un po' di tutto: pigliatevi al volo quel che vi si para innanzi, che è l'arte perché faccia buon prò. Sol vuolsi uscire di timidezza e avere le mani pronte.
FAUST. Ben sai ch'io non miro già a darmi buon tempo. Io voglio l'ebbrezza, - la vertigine; voglio le voluttà che generano tormento; l'odio che germoglia dall'amore; gl'impedimenti che ne danno alacrità. Il mio petto, guarito oramai dalla febbre della scienza, dee stare aperto a tutti gli affanni. Voglio nel mio profondo sperimentare io solo quanto è ripartito fra tutti i viventi; abbracciare con la mente quanto vi è d'infimo e di sommo nell'umanità; godere di tutti i beni; patire tutti i suoi mali; tanto distendermi da comprenderla tutta in me, farmi essa, insomma, e con essa finalmente naufragare.
MEFISTOFELE. Oh, credi a me, che ho per più migliaja d'anni rimasticato questo duro cibo, credi a me che nessun mortale dalla culla al feretro seppe mai digerire tal vecchio lievito. Abbi fede in uno di noi; questa ampiezza di vita, questo tutto che tu vuoi per te, non si appartiene che a Dio: egli si spazia nell'inestinguibile luce, noi ha sommersi nelle tenebre, e, quanto a voi, umana semenza, - a voi si confà il giorno alternato con la notte.
FAUST. Tant'è, io voglio.
MEFISTOFELE. E questo è bello a udire. Se non che sorge un dubbio a darmi noja; il tempo è breve, l'arte è lunga. Or odimi: vuoi tu prendere il mio consiglio?
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Dio
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