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      Io vado a corsa con essi, e sono un valent'uomo, giusto come se avessi ventiquattro gambe io medesimo. Animo dunque: spiana quel tuo grave sopracciglio, ed esci meco diritto nel mondo. Io tel dico: un semplice che dassi alla contemplazione somiglia a una bestia che un cattivo spirito costringe a volgersi in giro sopra una riarsa campagna, mentre d'ogni intorno si stendono verdi e fertili praterie.
      FAUST. Che vogliam dunque fare?
      MEFISTOFELE. Uscir tosto di qui; dare le spalle a questa orribile segreta. Puoi tu dire che tu viva, standoti ad annojare te e i tapini che ti ascoltano? Lascia simil fastidio a messer Pancia che sta lì in sul canto. Perché vorresti affannarti a trebbiare la paglia? Pensa che tu non osi pur dire a' ragazzi quel che meglio ti par di sapere. - Ne odo appunto uno nel corridojo.
      FAUST. Non mi è possibile accorlo.
      MEFISTOFELE. Il povero fanciullo ha aspettato un buon pezzo, e non si vuol rimandarlo così sconsolato. Via, dammi la tua zimarra e il tuo berretto. - Io debbo stare pur bene immascherato da dottore. (Si traveste).
      Fidati a me che ho senno. Me ne spaccio in un quarticello d'ora; e tu intanto mettiti ad ordine per la nostra gustosa scorribanda. (Faust esce).
      (Mefistofele nella lunga roba di Faust). Va, disprezza la ragione e la scienza, splendidissime fra tutte le doti dell'uomo. Lasciati pigliare agli allettevoli prestigi dello spirito di menzogna, e tu sei irremissibilmente mio. Costui ha sortito una mente che va sempre innanzi irrefrenabile, e nell'impetuosa sua foga trascorre le gioje consentite a' mortali.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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