E tu apprenditi al mio petto, soave tormento d'amore; tu che, languendo, ti nutri della rugiada della speranza. Che aura di pace e di contentezza spira d'ogni intorno! Che abbondanza in questa povertà! che beatitudine in questa prigione! (Si getta in un seggiolone di cuojo a canto al letto.) O, accogli me pure! tu che già ricettasti nelle aperte tue braccia i buoni progenitori, nelle lor gioje e nei loro affanni. Quante volte uno stormo di figliuoletti fece corona a questo trono paternale! E qui forse la mia diletta, grata dei doni del Natale, inclinò quella sua florida guancia a baciare piamente l'arida mano dell'avo. Dove io giri gli occhi m'innamora il bell'assetto di questa cameretta. Il puro contento del tuo cuore, o fanciulla, guida la tua mano, e quando distendi il nitido tappeto in sulla tavola, e quando spargendo l'arena descrivi questi bei fregi sul pavimento. Non sei tu nata in cielo, o fanciulla? tu, che di questo tugurio sai fare un paradiso! E qui! (alza una cortina del letto). Che soave tremito mi assale! Io qui potrei volgere lunghe ore... O natura! tu qui entro componevi quel nuovo angelo, e rallegravi di soavi visioni i suoi riposi. Qui giacque la pargoletta, piena il tenero seno dell'ardore della vita; e qui quella divina immagine svolse il purissimo e santo suo tessuto.
E tu! perché sei tu qui? Ahi, affanno! - Che vuoi tu qui? Perché il tuo cuore è aggravato? Povero Faust! io non ti riconosco più.
Che aura è questa che mi spira d'attorno? son io forse affascinato?
| |
Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
|
|
Natale Faust
|