Io tremo tutta dal capo a' piedi. - Oh, io son pur la pazza e timida donnicciuola! (ella si mette a cantare intanto che si spoglia).
V'era in Tule un re che tenne
Sino al cenere la fe';
La sua amante a morir venne
E una tazza d'or gli diè.
Nulla in pregio ebbe mai tanto
La votava a mensa ognor,
E in votarla avea di pianto
Gli occhi gravidi e d'amor.
E quand'ei pur venne a morte
Le sue ville numerò,
Agli eredi le dié in sorte,
Ma la tazza riserbò.
Ed a splendido convito
Fe' i baroni ragunar
Nella sala dell'avito
Suo castello sovra il mar.
Ivi l'ultime gioconde
Stille ei bevve in mezzo a lor;
E dall'alto giù nell'onde
Gittò il sacro nappo d'or.
Ir giù il vide, e le tranquille
Acque rompere e sparir.
S'oscurâr le sue pupille,
Più non bevve il vecchio Sir.
(Apre l'armadio per riporre le vesti e vede la cassetta.)
Com'è capitato qui questo bel forzierino? Io son ben certa ch'io aveva serrato l'armadio. Egli è strano! E che può esservi dentro? Forse che qualcuno l'abbia impegnato a mia madre perché vi prestasse sopra. Qui è un nastro con appesa una chiavicina, ed io son tutta tentata di aprirlo. Che è ciò? Bontà del cielo! Ho io mai veduto simili cose nella mia vita? Una guarnitura! e tale che ogni più gran dama potrebbe metterlasi intorno nelle maggiori solennità. Starebb'ella bene a me questa catenella? E di chi mai saranno tante ricche cose? (se ne adorna e va innanzi lo specchio). Se fossero miei pure gli orecchini! Che bell'aria mi danno! Io pajo tutt'un'altra! Povere fanciulle, che vi giova la vostra bellezza?
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Tule Sir Apre
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