Così detto intascò fermagli e collana e anelle e ogni cosa, giusto come fossero state bazzecole; e non ringraziò più o meno di quel che avrebbe fatto d'un cestello pieno di noci. Il cielo ve ne renda il merito, disse ed esse ne rimasero grandemente edificate.
FAUST. E Ghita?
MEFISTOFELE. Ghita è tutta sturbata; né sa che si faccia o si voglia. Pensa dì e notte a' giojelli; e più assai a chi li ha recati.
FAUST. Il travaglio di quella poveretta mi passa il cuore. Va tosto, e procurale nuovi ornamenti, e più ricchi, che quei primi, vedi, erano dozzinali.
MEFISTOFELE. Oh, sì certo! tutto è balocco da fanciulli per un tanto signore.
FAUST. Va, va; fa quel ch'io ti dico. Mettiti attorno alla vicina; cacciatale in casa; non essere un diavolo di stucco, e reca nuovi regali.
MEFISTOFELE. Sì, magnifico signore, di tutto l'animo. (Faust parte.) Un pazzo innamorato come costui farebbe volare in aria a modo di razzi e sole e luna e tutte le stelle per dolce trastullo della sua diva.
La casa della vicina
MARTA (sola). Dio perdoni a mio marito; ma egli si è portato meco assai malamente. Se ne va fuori a dirittura pel mondo, e lascia me sola a tribolare sulla paglia. Ed io non gli ho propriamente mai dato un fastidio; e lo amavo, Dio il sa, di cuore (piange). Forse è morto già da un pezzo! - O miseria, miseria! - Avessi almeno la fede della sua morte! (Margherita entra).
MARGHERITA. Signora Marta!
MARTA. Che occorre, Ghituzza?
MARGHERITA. A pena io mi reggo sulle gambe! Ecco un'altra cassetta trovata or ora nell'armadio, - di ebano, con entrovi cose preziosissime di più gran valore assai che non fosser le prime.
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Ghita Faust Dio Margherita Marta Ghituzza
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