Che stai tu qui a intorpidire, annidato nei fessi delle rupi e delle spelonche, come un allocco? O che pastura vai tu aormando carpone sul putrido muschio, fra i sassi ed il guazzo, come un rospo? Oh, bello e dolcissimo passatempo! Va, che pizzichi pur sempre del dottore.
FAUST. Un pari tuo potrebb'egli mai comprendere qual nuova forza io mi derivi dall'andarmi così aggirando per queste selvagge solitudini? Oh, se tu potessi solo averne un leggier senso, tu saresti tal demonio da portar invidia alle mie delizie.
MEFISTOFELE. Delizie più che umane! Giacersi a notte oscura sui monti, alla rugiada ed al vento; trascorrere con mente elastica il cielo di giro in giro; gonfiarsi per agguagliare un Dio; inabissare la mente giù nelle cupe viscere della terra! covarsi in petto tutte e sei le giornate della creazione, orgogliosamente godendosi di non so che; e uscito dell'umano, struggersi e risolversi per gran dolcezza nell'immenso, - e allora conchiudere l'alta intuizione (con un gesto) io non so dir come.
FAUST. Vergogna!
MEFISTOFELE. Questo non ti va! Sta bene a te, uomo di buona creanza, l'empirti la bocca di quel vergogna. Non si vogliano ai casti orecchi nominare quelle cose di cui i casti cuori non sanno far senza. Ora, alle corte, io non t'invidio già il piacere di vender menzogne a te stesso, di tempo in tempo; ma bada che tu non sei uomo da goderti in ciò lungamente. Tu torni già a vaneggiare come un tempo, e se non sai tosto rilevarti, tu impazzirai, o ti morrai fra breve di affanno o di terrore.
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Dio
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