Ma basti di questo. La tua dolce amica è là in casa, e tutto intorno a lei è mestizia e travaglio. Tu non le esci mai dal pensiero, mai; e, misera, si strugge a occhi veggenti. Da principio il tuo amore riboccava come un ruscello allo sciogliersi delle nevi; glie l'hai versato nel cuore, ed ecco il tuo ruscello si è riseccato. Or pare a me, che invece di star qui a fare il grande, intronizzato nelle boscaglie, tu faresti assai meglio di andarne a consolare dell'amor suo quella travagliata. Il tempo le par lungo, che è una compassione. E stassi alla finestra guardando le nubi che traggono sulle antiche mura della città. "S'io fossi un uccellino!" così canta tutto il dì, canta mezza la notte. Talvolta è gaja; mesta per lo più; ora sfoga il cuore con dirotte lagrime, pare alquanto acquetarsi; ed arde pur sempre.
FAUST. Serpente! serpente!
MEFISTOFELE (da sé). Non è il vero? E già ti allaccio!
FAUST. Impudentissimo! levamiti dinanzi, e non nominare mai più quella soave creatura. Non mi riardere nei sensi già mezzo affascinati il desiderio della sua dolce persona.
MEFISTOFELE. Che sarà dunque? Ella crede che te ne sii fuggito, e il sei già in parte.
FAUST. Io le son presso; e le fossi pur anche lontano, né io la dimenticherei, né la perderei mai. Sì, io porto invidia al corpo del Signore, allorché le sue labbra lo toccano.
MEFISTOFELE. Egregiamente! Ed io ho spesso invidiato a voi que' due gemelli che pascolano fra le rose.
FAUST. Va via, ruffiano!
MEFISTOFELE. Per eccellenza! voi mi svillaneggiate, ed io non so tenermi di ridere.
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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