Nessuna cosa a' miei dì mi ha mai trafitta così a dentro nel cuore come il sinistro aspetto di colui.
FAUST. Bambola mia, non averne paura.
MARGHERITA. La sua presenza mi rimescola il sangue. Se ne togli costui, io non voglio male ad uomo nato. Ma così com'io sospiro sempre di veder te, così io rabbrividisco tutta dinanzi a quell'uomo, talché ho nell'animo ch'egli sia un furfante. Dio mi perdoni se gli fa torto.
FAUST. Voglionci anche di sì fatti nottoloni.
MARGHERITA. Io non saprei farmi con un simil uomo. Ogni volta ch'egli si affaccia alla porta, egli guata subito dentro con non so che viso tra il beffardo ed il corrucciato, e chiaro si vede che niuna cosa lo tocca nel mondo. Egli porta scritto nella fronte che non sa amare anima viva. Io son si gaja al tuo braccio, sì confidente, provo una così soave ebbrezza nell'abbandonarmi a te, e nella sua presenza mi si chiude subito il cuore.
FAUST (da sé). O angelo! come tu sei presaga!
MARGHERITA. E tanto io sono sopraffatta di ciò, che quand'egli si raggiugne con noi, mi pare persino ch'io non ti ami più; e al suo cospetto io non potrei di niun modo fare orazione; e ciò mi consuma amaramente il cuore. Quel ch'io provo, tu pure lo provi, di', Enrico?
FAUST. Tu ci hai antipatia.
MARGHERITA. È tempo ch'io vada.
FAUST. Deh, non potrò io mai riposarmi una breve ora con te; stringere il mio cuore al tuo cuore; mescere anima con anima?
MARGHERITA. Ah, s'io dormissi pur sola, io ti vorrei lasciar aperto l'uscio stanotte. Ma mia madre ha il sonno sì sottile; e s'ella ci avesse a cogliere, io cascherei morta sul fatto.
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Enrico
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