MEFISTOFELE. Non è la prima.
FAUST. Cane! belva abbominevole! Oh, mutalo, infinita sapienza, muta quell'abbiettissimo nella sua prima! forma di cane; tornalo qual egli era, quando si dilettò di saltarmi innanzi la notte; di voltolarsi a' piedi del pacifico viandante, per gittarsegli di poi sulle spalle, allorché lo avesse stramazzato. Travolgilo nella prediletta sua forma, talché si strascini sul ventre dinanzi a me nella polvere, ed io lo pesti coi piedi, il reprobo! Non è la prima! Oh, miseria! miseria! Nessun'anima umana potrà mai concepire come più di una creatura sia cotesta in tanta profondità di mali, - come la prima, contorcendosi negli spasimi della morte, non bastasse a riscattare tutte le altre dinanzi all'infinita misericordia. A me l'affanno di quest'unica strazia profondamente il cuore, e tu sogghigni placidissimo sul destino delle migliaja.
MEFISTOFELE. Ecco, noi siamo di bel nuovo fuori dei gangheri. Quest'è il termine dove il senno degli uomini si smarrisce, e dà in pazzie. Perché vuoi tu fare comunanza con noi, se sei inetto a tenerci dietro? Vuoi volare e non sai se non ti girerà il capo. Dimmi, ci siamo noi cacciati intorno a te, o tu intorno a noi?
FAUST. Non digrignare così contro di me quegli ingordi tuoi denti! Mi fai ribrezzo! - Eccelso, ineffabile Spirito, tu che hai degnato di apparirmi, tu che discerni il mio cuore e l'anima mia, perché mi hai tu dato alle mani di questo ignominioso, il quale si pasce di mal fare e giubila nello sterminio?
MEFISTOFELE. Hai tu finito?
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Spirito
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