Il mio! - non era egli dato a te ed a me? a te pure. Sei tu da vero? A pena io mel credo. Dammi la tua mano! - non è sogno - la tua cara mano! Ma oimè, ell'è umida! asciugala. Mi par come che sia intrisa di sangue. Dio mio! che hai tu fatto? Riponi la spada; te ne prego.
FAUST. Lascia stare il passato, Ghita, ché tu mi uccidi.
MARGHERITA. No, bisogna che tu sopravviva. E ti dirò ora come tu hai a disporre le sepolture; ne avrai cura domattina per tempo. Darai a mia madre il miglior posto, e stretto al suo fianco tu porrai mio fratello; e porrai me un poco da parte, ma non troppo discosto! E il mio figliuolino Io porrai sul mio seno, alla destra. Ahi, nessun altro vorrà giacere al mio lato! - Coricarmi vicino a te, oh, era pur soave, era pur delizioso! Ma non mi verrà mai più fatto. Ora mi par come di avventarmi a forza verso di te, e che tu mi respinga indietro; e tuttavia sei tu, e a vederti pari sì buono ed amoroso.
FAUST. Poiché conosci che son io, su vieni meco!
MARGHERITA. Là fuori?
FAUST. Nell'aperto.
MARGHERITA. Là fuori è la mia fossa, la morte sta in agguato - e tu dici, vieni? Per di là vassi in luogo di eterno riposo; non un passo più lontano. - Te ne vai tu, Enrico? Oh, potessi venir teco!
FAUST. Tu lo puoi, sol che tu voglia. La porta è aperta.
MARGHERITA. Non oso uscire; non ho più nulla da sperare. E che giova il fuggire? Essi stanno spiandomi. Ed è pur miserabile di dover mendicare, e sopra più con una triste coscienza! È pur miserabile l'andare errando agli stranieri!
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Ghita Enrico
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