FAUST. Non tenermi un simile linguaggio che per me è troppo vecchio e sfruttato. Queste scappatoje continue ti servono a dissimulare il proposito di non rispondermi. Eppure il maresciallo ed il ciambellano m'incalzano, mi tormentano talmente per eccitarmi ad agire, che mi tolgono il respiro. L'imperatore vuole che sieno tratti al suo cospetto Elena e Paride; egli è inflessibile in questa sua bramosia di contemplare davvicino e sotto forme sensibili questi due capilavori del tipo uomo e donna. All'opera, adunque! Io gli ho promesso di soddisfarlo, e non voglio mancare alla mia parola.
MEFISTOFELE. Fu una follia il darla così leggermente.
FAUST. Tu non hai pensato, camerata, a che ci avrebbero condotto i tuoi stratagemmi. Noi l'abbiamo fatto ricco, ora dobbiamo divertirlo.
MEFISTOFELE. Ti par facile questo? T'illudi. Ci stanno davanti altri gradini da salire, e ben più ardui: ti si da facoltà di attingere a piene mani in uno strano tesoro, e tu da vero insensato finisci col contrattare nuovi debiti! Tu t'immagini ch'Elena sia così facile ad evocare come quel simulacro dell'oro che è la carta monetata. - Se si trattasse di spettri, di streghe, di nani dalla gola pelosa, alla buon'ora! Sono pronto a servirti; ma le comari del diavolo, sia detto senza far torto - non possono esser tenute per eroine.
FAUST. Ci siamo colla tua vecchia canzone! Con te si naviga sempre nel dubbio; tu sei eterno fattore di ostacoli, e per ogni gherminella vuoi un nuovo premio. - Tu brontoli un poco, e il colpo è fatto, lo so, in un batter d'occhio.
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Elena Paride Elena
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