Quest'uomo, il più avvezzo fra i sapienti alle delicatezze della vita, vi sembrerebbe ora un carbonajo. Col viso annerito sino alle orecchie, gli occhi infiammati dal calore del fornello, assetato di scienza, ei si consuma senza posa, beandosi dello stridore delle molle come d'un'armonia.
MEFISTOFELE. Io sono tale uomo da facilitargli il successo della sua impresa; come potrebbe rifiutare di ricevermi? (Il Famulus esce; Mefistofele si siede con aria grave.) Mi sono appena messo al mio posto, che là dietro si muove un ospite da me ben conosciuto; e che è invaso da tale smania del nuovo, che il suo ardire non avrà più limiti.
UN BACCELLIERE (entra impetuosamente dal corridojo).
Trovo aperti peristilio e porta! C'è da sperare che il dottore non persista, mentre è vivo, a seppellirsi come un morto, nella polvere, e continuare a consumarsi, ad ammuffirsi come ha fatto sinora, a morire così nel fiore della vita.
Queste mura pendono da una parte, minacciano ruina, ci schiacceranno, se non ci facciamo attenzione. Io sono animoso al pari di chiunque, eppure nulla mi farebbe avanzare d'un sol passo.
Ma che scopo mai? Non è questo il luogo, ove tanti anni sono, pauroso, trattenendo il respiro, io venivo, gentile sbarbatello, ad ascoltare fiducioso le lezioni di quel vecchio barbogio, ed a far tesoro delle sue chiappole?
Seppelliti nei loro volumacci, quei parabolani me le spacciavano grosse, mentivano sapendo di mentire, sciupando così la mia vita e la loro. Ma che veggo? Là in fondo, seduto su quel seggiolone, c'è ancora uno di quei messeri!
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Il Famulus Mefistofele
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