Tutti i miei sensi, tutto l'essere mio ne sono oramai posseduti; io non posso più vivere, se non la raggiungo.
CHIRONE. Mio buon straniero, ciò che tu uomo credi una beatitudine, sembra agli spiriti un vero delirio. Non importa, tutto va a seconda dei tuoi desiderii per la tua felicità. Ogni anno ho per abitudine di passare qualche tempo da Manto, la figlia d'Esculapio; raccolta nel silenzio, ella implora suo padre affinché egli voglia finalmente illuminare lo spirito dei medici, onde cessino dall'essere sfrontatamente omicidi. Colei ch'io stimo maggiormente fra tutte le Sibille, non si dà in preda a folli contorsioni: essa è dolce e benevola; essa riuscirà, purché tu ti fermi alcun poco, a guarirti radicalmente in virtù di certe erbe medicinali.
FAUST. Non voglio cure! il mio spirito è possente! Non diverrò abbrutito come gli altri.
CHIRONE. Non trascurare la salute della nobile sorgente! Scendi presto! siamo giunti.
FAUST. Dimmi, dove mi hai tu condotto nelle tenebre della notte, attraverso le umide sabbie? Quale spiaggia è questa?
CHIRONE. Qui Roma e la Grecia si disputarono colle anni il primato: il Peneo è a destra, l'Olimpo a sinistra e l'immenso regno che si perde nella sabbia. Il re fugge, il cittadino trionfa. Guarda: qui vicino, a rammentare quel fatto, il tempio eterno s'innalza rischiarato dalla luna.
MANTO (pensando fra sé). L'ugna d'un destriero fa risuonare il sacro atrio; sono semidei che si avanzano.
CHIRONE. Benissimo! Vorrei solo che aprisse un po' gli occhi!
MANTO (svegliandosi). Sii tu il benvenuto!
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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