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      ELENA. Or bene! Io approdai qui col mio sposo, ed ora per ordine suo lo precedo nella sua città. Eppure da qual sentimento è egli animato? Non lo posso indovinare. Vengo io qui come sposa? come regina? come vittima destinata ad espiare l'acerbo dolore del principe, i rovesci dei Greci sofferti da sì lungo tempo? Sono io sua conquista o sua prigioniera? lo ignoro, perché gl'immortali mi hanno serbata una fama, un destino equivoco, fatali satelliti della bellezza, che colla loro presenza cupa e minacciosa mi tormentano fino su queste soglie. E già, dal fondo della nave, lo sposo non mi guardava che a rari intervalli; nessuna parola benevola usciva dalla sua bocca. Egli sedeva dinanzi a me, come se la sventura fosse l'oggetto dei suoi pensieri; e al nostro arrivo nella profonda baja dell'Eurota, appena che le prue delle navi salutarono la spiaggia, egli disse, come inspirato dalla divinità: "Qui scendano con ardire perfetto i miei guerrieri, ond'io li passi in rassegna sulla riva del mare. Ma tu, va più lungi; segui la riva abbondante di frutti del sacro Eurota, avviando i corsieri sui prati rugiadosi, fino a che tu raggiunga la ricca pianura ove Lacedemone, - un tempo campo vasto e fertile circondato da un vicino cerchio di aspre montagne; - ove Lacedemone, dico, fu costrutta. Entrerai quindi nella casa reale fortificata, e passerai in rassegna le ancelle che io vi lasciai, come vecchia e prudente massaja. Là tu vedrai i ricchi tesori che tuo padre ed io stesso, sia in guerra come in pace, aumentandoli sempre, vi abbiamo accumulati.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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