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      PANTALIDE (corifea). Lasciate i canti festosi, e volgete il vostro sguardo alle imposte della gran porta! - Che vedo, sorelle? La regina non ritorna ella verso di noi, con passo celere e tutta sbigottita? Che fu, grande regina? Che hai tu dunque trovato di spaventoso nelle vaste sale del tetto paterno invece dell'affettuoso saluto dei tuoi? Non potresti nasconderlo, perché leggo sulla tua fronte l'affanno, la sorpresa mista alla nobile ira che ti accende.
      ELENA (commossa, lasciando la porta spalancata). La tema volgare mal s'addice alla figlia di Giove, e l'ala di uno spavento passeggiero la sfiora appena; ma il terrore che uscito fin dal principio dal seno dell'antica notte, irrompe sotto mille forme, come le nubi infuocate irrompenti dall'infiammato abisso della montagna; - un simile terrore scuote il petto dell'eroe. Per questo le terribili potenze dello Stige mi hanno oggi designato la soglia della casa, affinchè pari all'ospite che si scaccia, io fossi ridotta ad allontanarmi con gioja da un limitare spesso varcato, e verso il quale erano diretti i miei sospiri. Ma no! io me ne fuggii in pieno meriggio, e voi non mi scaccerete più oltre, potenze, qualunque voi siate! Voglio tentare un sacrificio, affinché dopo la purificazione, la fiamma del focolare saluti la sposa, come saluta lo sposo e monarca.
      IL CORO. Rivela, o nobile donna, rivela alle tue ancelle che ti circondano rispettose, ciò che ti è accaduto.
      ELENA. Ciò che io vidi, lo vedrete coi vostri occhi stessi, a meno che la notte non abbia tosto inghiottito l'opera sua nel seno dei suoi abissi, da dove sfuggono i prodigi; ma affinchè lo sappiate, ve lo dico ad alta voce: mentre io attraversava con passo solenne l'austero vestibolo della casa reale, pensando ai miei nuovi doveri, il silenzio di quel religioso e deserto revinto mi sorprese.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Giove Stige