LA CORIFEA. Oh! come la bruttezza riesce orribile vicino alla beltà!
LA FORCIDE. Oh! come la sciocchezza riesce sciocca vicino alla ragione!
(Da questo punto ciascuna delle donzelle replica, uscendo fuori dal drappello.)
PRIMA DEL CORO. Parlaci dell'Erebo tuo padre, e di tua madre la Notte.
LA FORCIDE. E tu parla di Scilla, tuo cugino germano.
SECONDA DEL CORO. I mostri popolano il tuo albero genealogico.
LA FORCIDE. Va! cerca nell'Orco la tua parentela.
TERZA DEL CORO. Coloro che abitano colà sono tutti troppo giovani per te.
LA FORCIDE. Va ad amoreggiare col vecchio Tiresia.
QUARTA DEL CORO. La nutrice d'Orione è tua pronipote.
LA FORCIDE. Immagino che le Arpie ti hanno allevata nelle immondezze.
QUINTA DEL CORO. Con che cosa nutrì quella magrezza sì ben conservata?
LA FORCIDE. Non è certo colla carne di cui sei tanto ghiotta.
SESTA DEL CORO. Tu non puoi essere avida che di cadaveri, cadavere tu stessa ributtante.
LA FORCIDE. Denti di vampiro brillano nella tua arrogante boccaccia.
LA CORIFEA. Io chiuderò la tua se dico chi sei.
LA FORCIDE. Pronunzia per la prima il tuo nome, e non vi saranno più enimmi.
ELENA. Io mi avanzo fra di voi senza collera, ma afflitta, e vi ordino di terminare un simile alterco. Nulla è più fatale al sovrano che la collera dei suoi fidi servi, alimentata in segreto: l'eco dei suoi ordini non gli torna più così armonico nell'azione rapidamente compita; molte voci ribelli brontolano intorno a lui, che smarrito, rimprovera invano. V'ha di più: nella vostra collera sfienata, voi avete ridestato delle funeste immagini, le quali mi circondano sì tenaci, che a dispetto delle verdi pianure della mia patria mi sembra di essere trascinata verso l'Orco.
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Erebo Notte Scilla Orco Tiresia Orione Arpie Orco
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