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      ELENA. Lo sposo ti elesse nello stesso tempo massaja qui, confidando non poco in te: la borgata ed il tesoro conquistato colle armi.
      LA FORCIDE. Che tu abbandonavi, rivolta verso le mura d'Ilio, ed alle gioje inesauste dell'amore...
      ELENA. Non rammentarmi quelle gioje: immense ed atroci angosce m'oppressero il cuore e la mente.
      LA FORCIDE. Ma corse allora la voce che tu apparisti come doppio fantasma in Ilio ed in Egitto.
      ELENA. Non accrescere il turbamento dei miei desolati sensi; già fin d'ora io non so chi io sia,
      LA FORCIDE. Si dice inoltre che Achille, fuggito dall'impero delle ombre, venne contro tutte le leggi del destino, ad unirsi focosamente a te ch'egli aveva tanto amata.
      ELENA. Io, fantasma, mi congiungo a lui, fantasma esso pure; era un sogno, le parole stesse lo affermano; io svengo e divento un fantasma per me stessa.
      (Ella cade fra le braccia delle ancelle.)
      IL CORO. Taci, taci, gelosa calunniatrice dalla bocca schifosa, provveduta di un sol dente! Che può mai uscire di buono da quelle fauci spalancate?
      Il tristo che si finge buono, il lupo rabbioso sotto la pelle della pecora, mi spaventano assai più che il furore del cane dalle tre teste. Noi siamo inquiete, e ci domandiamo quando, come e dove ci venne quest'orribile mostro che veglia nelle tenebre.
      Perché ora, invece di recarci conforto, e di spandere su di noi un fiume di dolci ed amichevoli parole, vai frugando nel passato, ricercando a preferenza il male che il bene, e lo splendore del presente si va oscurando insieme alla dolce luce della speranza dell'avvenire.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Ilio Ilio Egitto Achille