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      ELENA. Chi è costui?
      LA FORCIDE. È un uomo vivace, ardito, ben fatto, insomma un uomo saggio come ben pochi se ne vedono fra i Greci. Quel popolo viene chiamato barbaro; ma io penso che non vi si troverebbe un solo uomo crudele al pari di più di un eroe che fu veduto comportarsi come un antropofago sotto le mura d'Ilione. Io feci calcolo sulla sua grandezza d'animo, e mi diedi in sua balia. E il suo castello! Bisogna vederlo! È ben diversa cosa da queste massicce mura fabbricate alla meglio dai vostri padri, con informi massi ciclopici, ammucchiati gli uni sopra gli altri. Là tutto è artistico e simmetrico. Guardatelo dal di fuori; egli si slancia verso il cielo, dritto, fortemente costrutto, levigato come l'acciajo! Al solo pensare di arrampicarsi su quelle mura si sentono le vertigini. All'interno, ampi cortili circondati di opere architettoniche di ogni genere, e per qualunque uso. Là, colonne, colonnine, volte, archi acuti, balconi e gallerie dalle quali si vede ad un tempo l'interno e l'esterno, - non che i blasoni.
      IL CORO. Che cosa intendi di dire con questi blasoni?
      LA FORCIDE. Ajace aveva dei serpenti attorcigliati, sul suo scudo; voi stesse l'avete veduto. I sette, dinanzi a Tebe, portavano, ognuno sul proprio scudo, ricche figure scolpite e tutte simboliche. Là scorgevansi la luna e le stelle sul firmamento notturno, dee, eroi, scale, faci e giavellotti, e tutto quanto serve per minacciare una città. Dal tempo dei suoi antenati, la nostra schiera di eroi porta nello splendore dei colori simili imagini; leoni, aquile, artigli, becchi, indi corna di buoi, ale, rose, piume di pavone; ed anche strisce d'oro e d'argento, rosse, nere ed azzurre.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Greci Ilione Tebe