Dimenticai così i doveri del guardiano, il corno, ed i miei giuramenti. Or va, minaccia pure di annientarmi; la bellezza doma ogni impeto di collera.
ELENA. Il male da me cagionato, non lo potrei punire. Misera me! Qual fatale destino mi perseguita, io porto ovunque lo scompiglio in seno agli uomini, di guisa che essi non tengono più conto alcuno di se stessi, né di nulla! Per via di rapimenti, di seduzioni, di combattimenti, i semidei, gli eroi, gli dei, sì anche i demoni, mi hanno fuorviata qua e là nelle tenebre. Unica e semplice forma posi a soqquadro il mondo, sotto duplice aspetto, feci peggio ancora; ora, sotto una triplice e quadrupla sembianza, reco danni su danni. Ch'egli s'allontani, e sia libero; l'obbrobio non deve pesare sul capo dell'uomo allucinato dagli dei!
FAUST. Io vedo con meraviglia, o regina! qui il vincitore insieme col vinto; vedo l'arco che ha lanciata la freccia e ferito l'uomo; i dardi si seguono e mi colpiscono, li odo fischiare tutto all'ingiro nel castello e nello spazio. Che sono io? Tu ribelli i miei vassalli e rendi le mie mura impotenti; io temo già che il mio esercito obbedisca alla donna trionfante ed invincibile. Che cosa mi resta a fare, se non di rimettere nelle tue mani il mio destino e tutti i beni che io credevo di possedere? Lascia che io mi prostri ai tuoi piedi, libero e fedele voglio riconoscerti come sovrana, tu che al solo mostrarti sapesti farti signora del trono e del paese.
LINCEO (di ritorno con in mano un cofano, seguito da uomini che recano dei presenti). Tu mi vedi di ritorno, o regina!
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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