ELENA. La mia.
IL CORO. Chi ardirebbe biasimare la nostra principessa di mostrarsi gentile col padrone del castello? perché confessate che siamo prigioniere come lo siamo già state pur troppo spesso dopo la fatale caduta di Troja e le nostre vaganti avventure. Le donne avvezze all'amore degli uomini accettano senza scegliere; ma esse hanno un buon discernimento, e, come ai biondi pastorelli, così ai fauni bruni e dai capelli cresputi, secondo l'occasione che si presenta, esse concedono senza riserva alcuna un uguale diritto sulle loro membra palpitanti.
Uniti assieme, essi si avvicinano sempre più; appoggiati l'uno sull'altro, spalla contro spalla, ginocchio contro ginocchio, colla mano nella mano, essi si cullano nel molle splendore del trono. La loro maestà non invola agli occhi della folla la dimostrazione ardita delle loro intime gioje.
ELENA. Mi sento sì lungi, eppure mi sento sì vicina, e dico con tutta l'anima mia: Sì, io sono veramente qui.
FAUST. Io respiro appena, la mia voce trema ed è titubante: è un sogno: il giorno e il luogo sono scomparsi!
ELENA. Mi sembra di aver vissuto e di rivivere, immedesimata con te, fedele a chi prima non conobbi.
FAUST. Non cercare di analizzare questo destino unico al mondo: l'esistenza consiste nel vedere, non fosse che per un istante.
LA FORCIDE (entra a passi precipitati). Voi compitate nell'alfabeto dell'amore, sfiorate i sentimenti e vi perdete in queste fanciullaggini; ma non è questa l'ora. Non sentite l'avvicinarsi di un uragano? non udite voi lo squillar delle trombe? la vostra rovina si avanza.
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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Troja
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