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      Ciò non è naturale.
      FAUST. Non hai tu mai udito parlare di quelle strisce di nuvole che vagano sulle coste di Sicilia? Là appariscono delle visioni strane, erranti nella pura atmosfera, portate verso gli spazi intermedi, riflesse in vapori strani; là città che vanno e vengono, giardini che salgono e discendono, secondo che l'imagine è frastagliata dall'etere.
      L'IMPERATORE. Eppure, ciò mi diventa sospetto! Vedo le picche lampeggiare, vedo sulle armi scintillanti della nostra falange danzare vivissime fiamme. Tutto ciò mi sembra un po' troppo strano e fantastico.
      FAUST. T'inganni, o signore; quelle sono vestigia di enti ideali perdute, un riflesso dei Dioscuri scongiurati da tutti i navigatori. Essi radunano qui le loro ultime forze.
      L'IMPERATORE. Ma dimmi; a chi siamo noi debitori se la natura si colma di prodigi?
      MEFISTOFELE. A chi dunque se non a quel sublime Signore che porta il tuo destino nel suo petto? Le violenti minacce dei tuoi nemici lo hanno commosso. Per sua bontà ti vuol salvo a qualunque costo.
      L'IMPERATORE. Essi si rallegravano nel condurmi attorno con grande pompa. Allora io aveva assai credito e volli farne l'esperimento; senza pensarvi molto sopra deliberai di dare un po' di brio alla mia barba grigia. Una simile novità mandò a male una certa festa del clero, ed in verità, non mi sono conciliato la loro simpatia. Come è mai possibile che ora, dopo tanti anni io ne sia favorito in guisa così segnalata?
      FAUST. Un generoso benefizio porta i suoi frutti con usura. Volgi il tuo sguardo in alto!


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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